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Breve cronistoria del surf: dalle tavole in legno alle nuove tecnologie

Lo sapevate che il primo surf club fu fondato nel 1908 da Jack London? Questa e altre curiosità le trovate in questo interessante articolo di Francesco Longo pubblicato su Caffe Europa.
L’abbiamo trovato impostato in modo serio e senza i soliti sensazionalismi che caratterizzano gli articoli di pseudo-surf e gossip che popolano la rete nel periodo estivo e per questo ve lo proponiamo.

Con una tavola di legno a cavallo delle onde
Di Francesco Longo
Articolo tratto da Caffè Europa
www.caffeeuropa.it

Basta una tavola di legno per praticare il surf, non serve altro. Eppure le grandi rivoluzioni legate a questo sport vengono dalle innovazioni tecnologiche. Sarà che la tecnica è una grande onda, fatto sta che quando arriva travolge tutto quello che trova.
Cavalcare le onde è un atto ancestrale, è come ripararsi sugli alberi. Civiltà antichissime hanno lasciato tracce di questa pratica marina, e di vere e proprie tavole da surf, usate per scivolare sulle onde. Si ha notizia che alle Hawaii il surf era una pratica più religiosa che sportiva. Il puritanesimo male accettò le liturgie mistiche e le virtù nautiche legate alla pratica surfing tanto che questo rito poteva sparire.

Quando Jack London sbarcò alle Hawaii provò il surf, tanto da bruciarsi le spalle sotto al sole, e si divertì molto. Descrisse la sua avventura nel saggio La crociera dello Snark in cui raccontò l’esperienza così: “Tavola e individuo dovranno essere in moto verso la terra a una buona velocità prima che l’onda li raggiunga. Quando vedete avvicinarsi l’onda da cui volete essere portati, dovete voltarle le spalle e vogare con le mani verso la terra con tutta l’energia di cui disponete, imitando la bracciata a stile libero. E questa specie di spinta dev’essere esercitata proprio dinanzi all’onda. Se la tavola ha acquistato una velocità sufficiente, l’onda la accelera, e la tavola inizia la sua scivolata di un quarto di miglio.”. Nel 1908 lo stesso Jack London fondò il primo surf-club del mondo.

Intanto, grazie a un mecenate delle ferrovie, il surf nel 1907 era sbarcato in California, dove un hawaiano fu invitato a darne esibizione. Il surf, quello che tutti conoscono, si stabilizza negli anni Cinquanta. La prima innovazione tecnica non riguarda in realtà la tavola ma la diffusione dell’uso delle automobili. Non sono più solo gli abitanti dei luoghi di mare, delle isole, o quelli cresciuti sulla riva, a poter praticare il surf ma anche chi abita nelle città. I ragazzi americani si avvicinano alla costa e si spostano con le macchine lungo la California alla ricerca delle onde. Il surf si espande, non è più solo uno sport, diventa una cultura: nascono band di musica surf, si aprono i surf shop, si girano le prime pellicole. Le auto dei surfisti inizialmente sono le mitiche woodies, lunghi furgoncini con parti in legno che si caricano di tavole, spesso si tratta di vecchie auto che venivano riadattate proprio per il trasporto dei legni.
Nel 1959 esce il primo film surf Gidget che, come gli altri film, partecipa non poco alla diffusione di questo sport. Ma le tavole, intanto, subiscono grandi cambiamenti tecnici.

Fino agli anni Quaranta erano sostanzialmente di due tipi: le planks di sequoia che pesano intorno ai 40 kg, e le cigarbox molto più leggere, che permisero di far praticare il surf anche a chi non aveva un fisico particolarmente atletico. Alla fine degli anni Quaranta venne poi ideata la sandwich board: la parte esterna era di vetroresina e il nucleo di styrofoam. Si era arrivati a far pesare le tavole circa 11 chili. Restava uno sport per chi amava la natura, l’aria aperta, il contatto con l’oceano, ma intanto le innovazioni della chimica ne aumentavano le potenzialità e il verbo surf si diffondeva. Le tavole e i materiali, col tempo sono andate sempre alleggerendosi. Le linee si sono smussate, la grafica è diventata un elemento fondamentale.

Il movimento surf, che attraversò la guerra del Vietnam, si legò al movimento hippie, a quello antimilitarista e a quello ambientalista. È forse per ragioni legate alle sue origini selvagge che ogni innovazione tecnica è all’inizio sempre mal vista. Fu criticato anche il leash, il laccio che lega la tavola alla caviglia del surfista, che venne chiamato “kook cord” (la corda del dilettante). In realtà permetteva una maggiore libertà in acqua.
Negli anni Ottanta, le pinne sotto la tavola diventarono tre. E con le nuove tavole (le rivoluzionarie shortboards) si poteva spingere la tavola sotto l’acqua, nell’allontanarsi dalla riva, arrivando così a superare onde prima proibitive.

Nel 1992 nasce forse l’ultima grande innovazione legata alla tecnologia: il tow-in. È l’ultimo cambiamento radicale. Si caricano le onde su un gommone a motore, ci si fa trainare dal gommone e si raggiungono onde che con la sola forza delle braccia sarebbero state impossibili da cavalcare. Oggi si vanno a prendere le onde con le moto d’acqua, forse inquinanti e rumorose, e che privano il surf dell’elemento fondamentale, quello del rapporto non mediato tra uomo e natura.
Il surf, sport primitivo, naturale, non elaborato, viene sostenuto e ravvivato da innovazioni come scoperte chimiche, nuove plastiche o motori che apparentemente sembrano tradirne lo spirito.

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