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Game Over

Adriano De Souza Campione del Mondo e Pipeline Master 2015.

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Foto Steve Sherman @tsherms

 

Il mondiale è finito, Mick Fanning ha perso e De Souza ha vinto il suo agognato titolo mondiale. Fine dei giochi.

Così si sintetizza la delusione di molti dopo che Mason Ho non è riuscito a eliminare De Souza in semifinale e, lo ammetto, a caldo ho avvertito anch’io un po’ di delusione.

Come tanti, avrei preferito vincesse Mick. Essere scampato alla morte in Sud Africa dopo l’attacco dello squalo, aver perso un fratello poche ore prima dell’inizio del terzo round eppure riuscire a mantenere la dignità e la concentrazione per continuare… sono cose che ti fanno inevitabilmente sentire più vicino a qualcuno e pensare che si meriti una ricompensa. E se la meritava.

 

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“I am so proud of you, mate!! It doesn’t matter where you come from… hard work and heart prevail. Thanks for your friendship. Love you bruddah.” Mick Fanning

 

Anche Adriano però se la meritava. Almeno tanto quanto Mick.

Dieci anni di lavoro duro nel Tour, dove tutto quello che ha conquistato lo ha guadagnato con fatica, emergendo da una vita e da una situazione estremamente modesta in cui niente è stato mai dato per scontato. Modestia che si riflette nella sua stessa persona, nonostante quello che possa sembrare attraverso le telecamere. Certi atteggiamenti possono trarre in inganno perché, credetemi, De Souza è una persona davvero umile ed è realmente molto più simpatico di quello che sembra vedendolo attraverso un webcast. Modestia e umiltà che mi sono apparse subito come autentiche quando lo conobbi personalmente per la prima volta a Mundaka dopo la sua fresca vittoria al Billabong Pro. Era il 2009 e Adriano aveva 22 anni, al suo quarto anno nel Tour. Aveva appena conquistato la sua prima vittoria WCT e la prima ricompensa del duro lavoro che stava facendo, un primo passo verso il gradino più alto del mondo, raggiunto solo ieri, dopo altri anni di delusioni e sacrifici, sportivamente parlando.

Solo dopo aver vinto il titolo mondiale abbiamo finalmente capito il perché di tutto questo, perché De Souza meritava il titolo mondiale tanto quanto Mick Fanning.

 

 

“Dedico questo titolo a mio fratello” ha dichiarato in lacrime Adriano alle telecamere “Lui mi ha regalato la prima tavola, acquistata per 7 dollari e io sono in cima al mondo con 7 dollari. Credo che allora per lui 7 dollari fosse un sacco di soldi, nonostante questo mi ha comprato la prima tavola.”

“Ho un tatuaggio dedicato alla sua vita” ha detto De Souza mostrando l’interno del bicipite, “Lui ha lo stesso tatuaggio nello stesso punto. Significa forza, equilibrio e amore. Questo è tutto ciò di cui ho avuto bisogno quest’anno per vincere il titolo mondiale.”

Se a qualcuno non piace De Souza o un altro dei brasiliani dovrà farsene una ragione, poiché il Brasilian Storm il prossimo anno sarà ancora più folto e agguerrito, e a guardare bene non ce n’è uno che non abbia talento da vendere e tale da tener testa a qualsiasi altro surfer del World Tour. Il titolo quest’anno è rimasto in Brasile, ma le premesse e le probabilità sono tali da far pensare che ci potrebbe rimanere o tornare più volte nei prossimi anni.

 

 

Alla fine probabilmente, pensandoci bene, la delusione più grande è stata quella di una finale con onde al di sotto delle aspettative e delle previsioni che, dopo una giornata stellare come quella precedente, annunciavano condizioni epiche.

Quello che credo sempre più fermamente, è che Adriano si è stra meritato il titolo mondiale, che già in passato aveva intravisto arrivare e poi allontanarsi. Mick Fanning rimane un campione, un eroe, un vincitore morale, per la compostezza, dedizione e fierezza con cui è arrivato fino alla fine di un anno non facile, elementi per cui merita il rispetto e la stima più profondi.

Quindi congratulazioni De Souza, goditi il meritato titolo!

Roberto Montanari
Foto WSL

 


 

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